RISULTATI DEL PROGETTO E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
I dati e la documentazione raccolti nel corso del progetto rappresentano un primo contributo alla messa a punto di specifici PDTA per i soggetti adulti con autismo.
L’analisi della letteratura internazionale e la consultazione della principali linee guida di indirizzo internazionale sui
Disturbi Pervasivi dello sviluppo hanno confermato che, se da un lato l’attenzione per questi disturbi in età evolutiva è cresciuta parallelamente all’aumento del dato epidemiologico, dall’altro per l’adulto sono poche le ricerche e le esperienze documentate.
Il dato epidemiologico raccolto sia nell’indagine svolta nelle ASL CN1, sia a livello regionale, attraverso il sistema NPI.net, è forse quello italiano più completo ed è uno dei pochi a livello internazionale. Sebbene sia molto più attendibile di altri dati finora raccolti in altre regioni, è evidente che ancora incompleto. Se infatti, il dato epidemiologico per quanto riguarda i minori con autismo/DPS indica una prevalenza interna a 2/1000, quello raccolto in Piemonte per i giovani adulti si assesta sullo 0.7/1000 (0.9/1000 nella ricerca condotta nella CN1), meno della metà di quella dei minori. Questo dato non è giustificato dall’evoluzione del disturbo che, in oltre il 90% dei casi, tende a permanere in età adulta. Dall’altro canto se consideriamo il dato di prevalenza previsto per il 2012, sulla base della diagnosi già effettuate nei soggetti che oggi hanno tra i 14 e i 26 anni, vediamo subito che la misura tende ad aumentare fino 1.6/1000 a livello regionale (1.5/1000 nella CN1). Ciò rappresenta una ulteriore dimostrazione che la prassi attivata dalla Regione Piemonte, che prevede una codifica diagnostica secondo il sistema ICD-10 OMS e l’uso di un sistema informatizzato che ha messo in rete servizi di NPI e di Psicologia dello sviluppo, consente a distanza di alcuni anni di quantificare in modo più preciso e realistico disturbi come quelli pevasivi dallo
sviluppo, che si manifesteranno nella prima infanzia ma perdurano, nella maggior parte dei casi per tutta la vita.
L’indagine svolta nella CN1 ci dice tuttavia anche un'altra cosa: molti soggetti adulti che presentano comportamenti compatibili con un DPS non sono diagnosticati come tali. La compilazione della scala STA-DI insieme agli operatori dei Centri Diurni ha infatti consentito di mettere in evidenza come un numero significativo di soggetti inseriti nelle strutture diurne con diagnosi di vario tipo, hanno anche una comorbidità con un DPS. Tra l’altro, ciò è più evidente nei territori dove vi sono meno soggetti diagnosticati, come a dire che dove si diagnostica meno il Disturbo dello Spettro Autistico, si trovano più soggetti, che pur avendo anche altre diagnosi (prima tra tutte quella di Ritardo Mentale), hanno comportamenti compatibili con questi quadri sindromici. Dall’indagine della CN1 è emerso che il dato relativo alla prevalenza, corretto includendo anche i soggetti con Ritardo Mentale e altre diagnosi, ma positivi alla scala STA-DI, pari a circa 1.5/1000 è vicino a quello atteso, se consideriamo i dati italiani disponibili per i DPS in età evolutiva. La parte dell’indagine presentata nel capitolo 6, relativa ai soggetti con Ritardo Mentale con associato DPS, meriterebbe pertanto di essere replicata anche in altri territori, in quanto potrebbe fare emergere un numero più realistico di soggetti adulti con DPS. La conoscenza più accurata di un fenomeno rappresenta il punto di partenza per poterlo affrontare e i dati raccolti ci impongono una revisione dell’idea talora radicata nei servizi che i Disturbi dello spettro
autistico richiedono un attenzione solo nell’infanzia: gli adulti con questi disturbi sono evidentemente numerosi ed il sistema dei servizi socio-sanitari non appare oggi in grado di rispondere in modo specifico ai bisogni di queste persone e delle loro famiglie.
Questo non significa tuttavia che i servizi non siano presenti e non attivino interventi nei confronti di questi soggetti. L’indagine svolta nella CN1 ha mostrato come, a parte alcuni soggetti con DPS a più alto funzionamento cognitivo, che non sono in carico a nessun servizio, la maggior parte son seguiti. Gli interventi appaiono tuttavia più collegati alle risorse che ci sono sul territorio o a prassi che si sono radicate storicamente, piuttosto che non ispirati a specifici percorsi assistenziali e di cura.
L’esperienza del Distretto di Mondovì che dal 2006 ha attivato uno specifico servizio per gli adulti con autismo, sia con risorse professionali ad hoc, sia attraverso l’utilizzo delle risorse presenti sul territorio, è ancora un esperienza isolata a livello regionale ed è una delle poche a
livello nazionale.
Tra le cose emerse dall’indagine nella CN1 c’è il dato che l’attivazione di un servizio dedicato
che metta a punto progetti personalizzati per soggetti con DPS e impegni operatori con formazione specifica, non costa di più di ciò che solitamente si spende con l’attivazione di percorsi aspecifici. Inoltre, i dati raccolti indicano che anche i soggetti più anziani, della fascia 18-30 anni, vengono seguiti la dove è presente un servizio dedicato, mentre negli altri territori sono solo quelli più giovani ad essere conosciuti e seguiti dai servizi. Molti di quelli più anziani sono inseriti in strutture diurne e residenziali che non avendo ricevuto diagnosi che indicano la presenza di un DPS, non utilizzano quasi mai quelle metodologie “evidence based” che sono state messe a punto per i soggetti con Disturbi dello spettro autistico.
Il tema delle risorse economiche che vengono messe a disposizione per l’attivazione di interventi a favore di giovani adulti con autismo riguarda non solo i servizi socio- sanitari, ma anche la scuola che rimane uno dei contesti ancora utilizzati da parte dei soggetti con DPS anche dopo i 18 anni. La presenza di persone con DPS nella scuola superiore riguarda anche soggetti con gravi ritardi, per i quali non sono chiari gli scopi della permanenza prolungata in contesto scolastico. Coloro che portano a termine il percorso scolastico (anche nel caso di soggetti con buon funzionamento cognitivo) non trovano dopo la scuola ciò che sarebbe auspicabile, cioè un inserimento, più o meno protetto, in un contesto lavorativo/occupazionale. Tra i 49 soggetti censiti per il registro uno solo ha un lavoro stabile e due hanno in corso inserimenti occupazionali protetti o adattati. Un numero veramente basso se consideriamo che tra i 49 soggetti ce ne sono 20 (di questi solo 6 sono ancora studenti) che hanno un ritardo lieve o un livello intellettivo nella norma e che potrebbero pertanto essere inseriti in un percorso occupazionale. L’assenza di progetti finalizzati all’inserimento lavorativo di questi soggetti rappresenta pertanto un’altra delle criticità emerse dall’indagine. L’eterogeneità dei percorsi attivati per i giovani adulti con autismo è anche evidente dal diverso contributo economico nei tre territori analizzati, dagli enti sanitari e socio-assistenziali. Se infatti nell’insieme nella CN1 i costi degli interventi sono coperti in massima parte dalla sanità (che ha attivi interventi per circa il 70% dei soggetti, ma contribuisce economicamente per l’84% dei soggetti) la percentuale di copertura della spesa totale è variabile da un territorio all’altro così come lo è quella sociale. Il dato che emerge (si vadano tabelle 11 e 13) è che la dove la spesa sanitaria è più alta, quella sociale è più bassa e viceversa. Ciò potrebbe anche essere letto come una sorta di complementarietà tra i due enti, tuttavia ciò che non è facile da cogliere è quale sia la ratio di questa differenza che poco
sembra aver a che fare con le caratteristiche dei soggetti; infatti la distribuzione della spesa tra sanità e assistenza non è analoga nei tre territori considerati, né sembra in relazione alla maggiore o minore compromissione cognitiva dei soggetti seguiti. Queste sintetiche considerazioni conclusive andrebbero amplificate coinvolgendo i servizi che sono stati interpellati per la raccolta dei dati e, vista la valenza regionale della problematica affrontata, gli Assessorati Tutela della Salute e Sanità e Politiche Sociali dalla Regione Piemonte.
Il progetto qui presentato e i dati della ricerca possono essere il punto di partenza per un analisi più approfondita dei bisogni assistenziali e di cura delle persone adulte con autismo e delle loro famiglie.
A conclusione di questo Report abbiamo ritenuto opportuno fare alcune proposte operative:
1) la presentazione dei risultati e una giornata di studio sull’autismo in età adulta da realizzarsi nella primavera del 2009.
2) la pubblicazione dei risultati della ricerca e la diffusione sul sito dell’ARESS e dell’Osservatorio Regionale per la disabilità
3) l’attivazione di un gruppo di lavoro nelle ASL CN1 per la discussione dei risultati e la costruzione di un percorso condiviso per i soggetti adulti con autismo/DPS.
4) l’attivazione di un gruppo di lavoro regionale, composto da rappresentanti degli Assessorati Tutela della Salute e Sanità e Politiche Sociali e aperta a rappresentanti delle Associazioni dei familiari, per la messa a punto di linee di indirizzo regionale.
Da Arduino Latoni "Relazione", pagg.94/100